Novembre – La creatura del vento

[ Images © Kirsty Mitchell photography, Far, Far, Away Part II, from The Wonderland Book ]

A Giorgia, che con l’arte consola

Sull’origine delle creature del vento esistono numerose leggende.
Quella a mio avviso più interessante sostiene che nascano ogni qualvolta si sogni di volare.

L’accadimento, in sé, non ha nulla di eccezionale: avvolto dalle nebbie del sonno, il corpo si percepisce tutt’a un tratto senza peso, fino a spezzare il legame invisibile che lo ancora alla terra. Ognuno reagisce a modo suo; io ad esempio, anni fa, mal sopportando la vertigine iniziale, mi svegliavo di soprassalto. Altri invece, più rari, si abbandonano volentieri alla sensazione di leggerezza, sebbene difficilmente ricordino il seguito.

Quale che sia la reazione del dormiente, secondo un’antica leggenda, ogni qualvolta si forma un sogno del genere, una creatura prende vita.
Come sono questi esseri?
In principio, non sarebbero che vaghi sospiri tra le braccia del vento.
In seguito, stando alle rare testimonianze di chi ha avuto l’opportunità di incontrarne, si dividerebbero in due tipologie ben distinte.

La prima è composta da spiritelli giocosi, sfuggenti, tutti risate, scherzi e gridolini d’argento.
La seconda, invece, è contraddistinta da figure diafane che galleggiano nell’aria senza scopo apparente, indifferenti a ciò che li circonda, intrappolati in una vaga forma di attesa, di cui non ricordano né l’oggetto, né l’origine.
Gli spiriti giocosi, di norma, provengono dal sonno dei bambini che, di notte come di giorno, si dedicano sempre a giochi importanti.
Gli altri, invece, sono generati dai sogni degli adulti, che tipicamente non ne vogliono sapere di staccarsi da terra.

Ne incontrai uno una volta.
Emerse dalla foschia in una sera d’autunno.
Non seguiva una direzione precisa e non era in cerca di indicazioni, poiché quando mi offrii di aiutarla, non reagì nemmeno.
Sospesa da terra, galleggiava tra misteriosi ricordi di cui affioravano alle labbra frammenti indistinguibili, come versi di una preghiera.
Nella sua espressione, riconobbi la scia di malinconia che talvolta segue i miei risvegli e non potei impedirmi di domandarle cosa la rendesse triste.
Rispose d’aver dimenticato come si vola, sospirò di viaggi, di un circo, di trapezisti e di acrobati…
Nel sogno da cui aveva preso vita, il suo corpo poteva tutto.
Non vi era legge o ostacolo che potesse trattenerla dal salire più in alto.

Non trovando la forza di lasciarla sola, mi sedetti sul muschio ed iniziai a farle un ritratto.
Ebbi appena il tempo di fissare le sembianze del suo sguardo stanco, quando a un tratto, alzando il capo, mi ritrovai sola nel crepuscolo.
Mi guardai attorno sorpresa e in quel momento una folata improvvisa s’impadronì del disegno, conducendolo chissà dove, lungo paesaggi dipinti dal vento.

La notte stessa sognai di staccarmi da terra, ma quella volta spiccai il volo senza paura.
Mi svegliai al termine di un viaggio straordinario, alla carezza della brezza dell’alba, che si era infilata tra i vetri scostati della finestra.
Il mio cuore batteva leggero, come non credevo potesse più fare, e accelerò un poco la sua corsa quando sulle coperte, accanto ai miei piedi, sorpresi uno sguardo frusciante di carta e grafite.

© Alice Rocchi

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