Dicembre – La solitudine della Soglia

Images © Kirsty Mitchell photography, The Fade of Fallen Memories, from The Wonderland Book ]

A mia madre

La Porta attendeva in fondo al giardino, nel silenzio.

Da tempo nessuno metteva più piede sul sentiero e a poco a poco la natura ne aveva sfilacciato i contorni, distribuendo ombre di muschio e di oblio.

La Porta custodiva il passaggio attraverso il muro e non le competeva la scelta di quando, o a chi cederlo.
La Porta chiusa semplicemente attendeva.

D’un tratto apparve una donna: occhi stanchi, adombrati di ricordi.

La Porta la soppesò mentre avanzava incerta, stringendo tra le mani una chiave. Giuntale dinnanzi, sentì che esplorava l’anta con la mano, in cerca di qualcosa.

«Non ho più serratura» disse la Porta con uno scricchiolio del legno. «Troppo tempo è trascorso dall’ultimo passaggio. Rinuncia e ritorna sul tuo cammino.»

La donna ebbe un sussulto, poi si avvide che la Porta diceva il vero: nessuna traccia di serratura.

«Non so dove altro andare» mormorò in risposta.
«Torna indietro» ripeté la Porta. «Ritrova quel che conosci, quello che sai. Non è prudente proseguire: nemmeno io so cosa attenda al di là di me.»

«Ho lasciato tutto per questa chiave» mormorò la donna e si abbandonò contro la Porta, lasciandosi avvolgere dall’abbraccio graffiante dell’edera. La chiave premeva contro al grembo e la guancia umida di pianto aderì al legno come un bacio. La Porta sentì che la donna diceva il vero.

Quando infine si staccò, la guancia lasciò un alone di pianto sul legno il cui centro era scuro, profondo, come il foro di una serratura.

La chiave entrò, si udì uno scatto e la donna passò.

La Porta si richiuse e subito la serratura svanì, come un fiocco di neve appena caduto, ma il legno scricchiolò a lungo, benedicendola per avere alleviato un istante la solitudine della Soglia.

© Alice Rocchi

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