[ Images © Kirsty Mitchell photography, Lady of the Lake, from The Wonderland Book ]
Ad Alberto, creatura delle acque
Bighellonando per i salotti della Natura,
senza altro scopo se non quello di rigenerare i sensi al riparo delle sue alcove muschiate, giunsi a sedermi alla riva di uno stagno.
Nell’acqua giaceva un mondo capovolto, meno rigido del mio, vibrante di confini incerti.
Così cullato dal mio fantasticare sul confine del sonno immaginai che, esattamente come i riflessi, anche i rumori dovessero risuonare confusi nel mondo sotto allo stagno.
Per distinguerli, avrei dovuto apprendere una forma d’ascolto diversa, paziente, scevra di deduzioni che, a causa della fretta o dell’abitudine che le ha generate, risultano spesso ingannevoli.
In riva allo stagno, curvo sulle acque, sorpresi in me una nostalgia di lentezza, di verità.
Proseguendo lungo i sentieri della fantasia, sognai che il mondo sotto allo stagno non facesse parte del regno del Tempo. E le sue creature, allora, com’erano?
E se d’improvviso, proseguii tra me e me, da oltre le cortine d’acqua fosse emerso un abitante del Paese delle Acque?
Se dallo specchio fremente si fosse distaccata una figura d’una bellezza insostenibile, di quelle che tramutano il desiderio in terrore col solo tocco dello sguardo?
Se mi avesse invitato a seguirla, mi sarei proteso verso di lei?
Una lieve increspatura segnò la superficie dello stagno per venire a lambire i miei piedi.
Credetti d’udire una voce, una di quelle eco ovattate che avevo immaginato poc’anzi sotto alla superficie dello stagno.
Ascoltai senza fretta, rinunciando al Tempo e alle sue leggi.
Le acque risalivano lungo i fianchi come il manto d’edera scura aderisce alla pietra.
Finalmente, riconobbi il mio nome ripetersi come un rintocco di campana, tra le note di un canto che aveva la solennità dei miti antichi, della vita al di fuori del Tempo.
La voce aveva un incarnato d’aurora, come i riflessi di bosco da cui era emersa. La lunga chioma d’onda perpetua conteneva la promessa del suo mondo.
Avanzai un passo dopo l’altro sul scivoloso letto d’argilla.
La creatura chiamava il mio nome: mi cercava, senza vedermi. Appena varcai le liquide cortine del Tempo, mi trovò e subito mi avvolse col suo abbraccio.
Mi disse che al Paese delle Acque mancava una leggenda, una rovina su cui raccogliersi e pregare. Se avessi acconsentito a seguirla, la rovina avrebbe portato il mio nome e lei avrebbe narrato di me laddove le storie sono più preziose dell’oro, della vita stessa.
Avrebbe fatto di me una nota di perla da aggiungere al canto eterno degli abissi.
© Alice Rocchi
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