Oggi ho avuto l’occasione di riflettere, assieme agli studenti di un liceo, sul ruolo dei discendenti nei confronti del vissuto doloroso dei parenti più anziani.
Lo scambio si è rivelato prezioso, perché mi ha fornito l’occasione di osservare l’evoluzione del mio percorso da lontano, per la prima volta, dalla pubblicazione di “Vivere, nonostante tutto” ad oggi.
Se infatti l’avventura era iniziata per offrire a Cornelia una promessa di carta, la prova tangibile che la sua testimonianza non sarebbe andata perduta, ultimamente mi trovo a rivestire un ruolo imprevisto nel quale mi capita di sentirmi scomoda.
Dopo la pubblicazione, infatti, la testimonianza ha preso vita. È diventata spettacolo, spunto di riflessione, confronto con i parenti di altre vittime, materiale scolastico…
Ed ecco che proprio oggi alcuni studenti mi hanno domandato come mi senta ora che Cornelia mi ha “trasmesso questa responsabilità”.
Quella frase così diretta era ciò di cui avevo bisogno per decidere di soffermarmi finalmente sul mio sentire, un passaggio reso ancor più necessario adesso che “Vivere, nonostante tutto” sta per essere presentato a Bologna, in occasione della giornata della Memoria.

Per anni, Cornelia ha raccontato la sua storia nelle scuole e, ora che l’età glielo rende difficile, sospira.
Fino a ieri quel sospiro mi turbava, perché mi dava l’impressione che andasse a rivelare a poco a poco, come una brezza sulla sabbia, i contorni di un mio presunto nuovo ruolo.
La domanda aveva dunque risvegliato quel turbamento, ma poi mi sono ricordata di uno scambio avuto con Cornelia tempo fa sulla nascita del nostro progetto.
«Io ti ho coinvolto».
«No, zia, ricordi male. Sono io che mi sono offerta».
Le responsabilità, grandi o piccole, non si possono trasmettere, si scelgono e ognuno prende su di sé solo ciò che può. Esiste un confine sottile tra testimone diretto e discendente per il quale il secondo non sarà mai la continuazione del primo.
Semmai, si tratta di camminare vicini, fianco a fianco, dividendo per quanto possibile un peso troppo grande.

Credo che per me la giornata della Memoria di quest’anno sarà diversa dalle precedenti.
Tra evocazioni di eventi terribili, apici di crudeltà, violenza e disperazione, mi ritaglierò un momento per definire quale parte di questa eredità immensa e impalpabile mi sia stata destinata.
L’augurio è quello di elaborare un giorno un nuovo modo di ricordare la Storia, compresi gli eventi che non hanno coinvolto direttamente i miei parenti.
Sogno di arrivare a comprendere la misura in cui il passato mi riguarda. Cosa fa lui per me, cosa posso fare io per lui? Possiamo anche dimenticarci del passato, ma il passato non si dimentica di noi, perché rivive attraverso di noi, nelle ferite di oggi che troppo spesso ripetono quelle di ieri.
Ecco perché a volte, pensando all’eccidio di Monte Sole, mi sforzo per riuscire a dire: «Quello che ci è successo… Quello che abbiamo fatto…», invece di «Quello che è successo loro… Quello che gli hanno fatto».
Lascio da parte meriti e responsabilità per un momento, lo spazio di un pronome, solo per sentirmi parte di un sentire più grande che connette chi c’è, chi invecchia e chi non c’è più nell’onorare ciò è stato.

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