Mi brami e mi disprezzi.
Della passione che gettasti ai miei piedi, cosa ne hai fatto?
“La Tentazione di una notte” dicesti,
e così facendo chiamasti il mio nome.
Da allora che importa che sia estate o che si attenda il disgelo?
Per te che hai accolto la tenebra, l’hai goduta, l’hai amata
il velo del crepuscolo è calato sul mondo.
Le ombre ti sussurrano il ricordo del mio abbraccio
e confondi il mio sospiro col vento.
L’incanto è su di te, inutile fuggire.
Ho sottratto il dominio del tuo mondo così fragile, così piccolo, così vuoto.
Tremi per i tuoi preziosi giorni di noia
e osservi impotente lo sgretolarsi di ciò che sai, di ciò che è bene, di ciò che devi.
Tentazione attira, passo dopo passo, lontano dalla gabbia-che-non-si-vede.
Le sbarre son fatte di tabù, il pavimento di colpe, il soffitto di paure.
E tu ti aggrappi alla gabbia che conforta
ma ecco, Tentazione è di ritorno.
La gabbia non esiste, c’è solo il mio abbraccio.
Lo vedi?
Sei tu, nient’altro che tu.
© Alice Rocchi
(Jean Joseph Benjain-Constant, Odalisca allungata, Musée d’Orsay, Paris)