Caro Pont Neuf,
Trovo difficile considerarti da una sola angolazione.
Quando ti incontro all’orizzonte, i tuoi archi carichi di storia mi ricordano con orgoglio d’esser stati i primi nel loro genere, gli unici spogli di edifici nel panorama fluviale di un tempo. “Ponte nuovo” ti chiamarono, perché Parigi non aveva mai visto un ponte simile prima di allora.
Oggi sei il più vecchio di tutti.
Il carico dei secoli e delle memorie non ha diminuito la tua fierezza, anzi.
Confesso, Pont Neuf, che quando ti percorro, di te quasi mi dimentico.
Non volermene, gli esseri umani non pensano spesso a dove hanno i piedi, rapiti come sono dei voli pindarici del loro pensare. Se fatico a concentrarmi su ciò che ho di fronte, difficile che riesca a rendere omaggio alla saggezza su cui cammino…
Eppure adesso, riflettendo su quel tuo speciale “svanire” con la vicinanza, mi ricordi certi attimi di felicità di cui a malapena mi sono accorta nell’istante in cui li ho attraversati, per poi realizzarne tutta la bellezza solo da lontano, quando il cuore si volge ai ricordi in cerca di risposte.
Ecco perché, quando una domanda mi tormenta, salgo su un ponte più giovane e con lo sguardo ti cerco.
Mi pare di vedermi là sopra, bambina, col cuore leggero e tanti sogni nel petto, come farfalle in attesa di Primavera.
Un attimo di felicità che mi ricorda, da lontano, come tutto meriti di essere guardato da prospettive diverse, per non incorrere nell’errore comune di credere di aver capito, di aver ragione, di conoscere.
C’era tanto di più tra quelle farfalle, ora lo vedo. Da lontano.
Ecco perché ogni tanto torno a cercarti all’orizzonte, “Ponte nuovo”: mi servono prospettive e tu, di certo, ne conosci più di quanto io possa immaginarne.
Alice
© Alice Rocchi
Rispondi