Camminare veloce è un rimedio alla malinconia.
Forse non sono l’unica, mi dico schivando i parigini sempre di corsa quando non c’è un tavolino e un bicchiere a trattenerli.
Non importa la destinazione, basta tenere il passo abbastanza sostenuto da accelerare il respiro e lasciarla indietro, perché la malinconia non va veloce anzi, fa rallentare ogni cosa.
Quando mi opprime troppo intensamente, la colgo di sorpresa ed esco all’improvviso, senza attenderla.
Cammino fin quando la stanchezza si fa sentire.
Allora mi siedo nei pressi del fiume a bere il vento, in attesa che mi raggiunga col suo passo strascicato. Poco dopo infatti, nonostante il conforto del paesaggio, la sento strisciare accanto a me e lasciarsi cadere, vestita del suo grigiore familiare.
Qualcosa è cambiato tra noi a quel punto: discutiamo di nuovo, ma con più calma.
Ascolto le sue ragioni e espongo le mie, poi ci alziamo e proseguiamo in silenzio lungo la riva. La malinconia è dietro di me, si tiene a qualche passo di distanza, rispettosamente.
Non ne ho timore, non più, perché la conosco un poco di più.
Allora mi volto e la sorprendo a sorridere a un raggio di sole che gioca tra la corrente. La trovo bella a suo modo, come una bambina in abito grigio e provo il desiderio di prenderla per mano.
Sono stanca e smarrita, senza progetti definiti, né rimedi migliori del camminare, ma so che avrà fiducia in me una volta di più, perché ha lasciato che vedessi il suo sorriso.
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